Il tempo, bere per non dimenticare

Il tempo di quest’ anno così singolare ha assunto una forma e un suono che ci ha ricordato quanto sia vitale e imprescindibile per la nostra umanità ritornare alla natura. I ritmi tutti sono stati scanditi, imprigionati rigidi nello spazio anch’esso confinato e prigioniero. I nostri tempi e spazi. Non quelli della natura. La conviviale morbidezza dei rapporti umani, così cara alla nostra radice mediterranea, le ferme strette di mano, gli sguardi non filtrati dagli schermi. Mi percorre un brivido malinconico. Quanto mi sono mancati? In verità, tantissimo.

La raccolta della Vigna 1922 è uno di quei momenti dell’ anno che amo di più, lo aspetto come la veglia della notte di Natale, con gli stessi occhi ridenti e velati di magia. È uno di quei momenti dove la vita si ferma, il tempo non esiste più, e tutto ritorna a casa. Come ascoltare i rari sussurri delle persone anziane, quei vecchi che siedono stanchi sui muretti ombreggiati nel meriggio dell’ immanente ma che sembrano volteggiare su livelli di empirea e sovrannaturale saggezza, e anche solo nello sguardo serbano un concentrato di verità affilatissima. Sparute parole, setacciate, quasi fuori dal mondo, ma pesanti come macigni. Questa è la sensazione che provo vedendo i compatti e piccoli grappoli di questa vigna centenaria, con i suoi alberelli affusolati e stratificati, bassi ma con le spalle larghissime, che serbano quel segreto di un uva che ancora, alla loro nascita, era chiamata Sangioveto. Mi piace pensare a chi piantò questa vigna, se ancora cammina su questa terra, se quando la piantò, in qualche modo, era conscio di lasciare qualcosa che avrebbe attraversato così tanto tempo, per arrivare fino a me. Quest’ anno i grappoli sono ancora più piccoli, ancora più scuri, di una bellezza abbacinante.

Ritirarsi quassù, nel punto più alto delle nostre vigne, sulla sommità dell’ anfiteatro che anche nei giorni più caldi è sferzato da una brezza marina tonificante, mi riporta indietro nel tempo e nello spazio della libertà fisica ed interiore. La natura lo serba ancora, e così farà sempre. Mi siedo su questa pietra di bianca arenaria, all’ ombra di un ulivo che sembra volermi dire qualcosa con la sua voce di vento. Non afferro appieno ciò che vuole dirmi, ma non mi oso interrromperlo. Mi verso un bicchiere e lascio entrare questa verità dentro di me attraverso aromi e gusti così nitidi e sanguigni. Bere per non dimenticare.